Sant’Antonio Abate: chi era costui?

Sant’Antonio Abate nasce a Coma, in Egitto (circa 252-357d.c., 105 anni a quei tempi! ) nella periferia di un Impero Romano che sta passando tumultuosamente ad un nuovo ordine, in cui il Cristianesimo comincia ad assumere un’importanza determinante. Il giovane Antonio si converte al Cristianesimo, si libera dei suoi beni e si dedica alle preghiera e alla radicale obbedienza al Vangelo, in un eremo solitario sul monte Pispir in Egitto. Nonostante tutta la buona volontà, Antonio non riesce a rimanere solo; attirati dalla sua personalità e dalla sua fama di santità, altri eremiti si stabiliscono nelle vicinanze. Antonio così diventa padre (Abbas in ebraico, da cui Abate) dei primi monaci, legati da una regola monastica molto radicale. Ma la dote che sembra peculiare ad Antonio è quella taumaturgica; è capace di guarire molte malattie e i pellegrini che cercano un rimedio ai mali del corpo si sommano a quelli che cercano un rimedio ai mali dello spirito. 

Il 17 gennaio si celebra la sua festa. Uno dei suoi simboli legati a mille storie e mille leggende è  IL FUOCO: e il fuoco si accendeva proprio in quel periodo per bruciare le potature, le vecchie sterpaglie non usate per scaldarsi.

Questo FUOCO aveva un grandissimo valore simbolico nel cruciale passaggio dalle tenebre alla luce, dal freddo alla stagione più mite; dal rischio di malattie e morte alla rinascita e speranza di nuova prosperità nella buona stagione; è il periodo quando si percepisce un leggero allungamento delle giornate, dopo il solstizio d’inverno (21-23 dicembre) il giorno di minor luce e la notte più lunga.

L’Eremo di Niasca è a lui dedicato e lo festeggiamo qui, Domenica 19 gennaio 2025, in un incontro aperto a tutti:

ore 11,00 presentazione del Sentiero dei Monaci del Monte di Portofino

ore 12,00 Santa Messa officiata da Don Alessandro Giosso

ore 13,00 spuntino e vino offerto dal team dell’Eremo

omaggio a tutti i presenti di un volume storico/fotografico sul Sentiero dei Monaci

Legno, rocce, fibre, sabbia: come sfruttarle?

Questa sezione è dedicata alla capacità di utilizzare i materiali disponibili sul territorio, per costruire ciò che serviva alla vita quotidiana, con tecniche tradizionali. Le pratiche tradizionali sono molto interessanti perché risolvono in maniera integrata i problemi della gestione accurata del territorio per questo vanno rivalutate: pensa, per esempio, alla pulizia del bosco e all’uso del legno per costruire e per scaldarsi.
Sono il frutto di tecniche condivise e affinate per generazioni.
Legno di castagno: ottimo per costruzioni che sfidano le intemperie: con la sua carica di tannino non marcisce facilmente!

In un territorio così impervio tutto ciò che era a portata di mano era preferibile, e l’ingegno costruttivo trovava soluzione non di rado anche esteticamente curate, con quello che trovava.
Nel Parco di Portofino i boschi, ricoprono ancora circa la metà della superficie, arrivando spesso fino al mare.
Del legno, “principe” di tutti i materiali da costruzione, ben si conoscevano le diverse caratteristiche: delle pinete e lecceti dell’assolato versante Sud e dei castagni, carpini neri, roverelle e ornielli del fresco versante Nord e della valle del monte.
Il resto è roccia, ben più dura del legno eppure ha avuto una funzione costruttiva cruciale per questo paesaggio: con la roccia l’uomo ha modellato il paesaggio coi terrazzamenti, detti “fasce”.
I terrazzamenti, come ogni pratica tradizionale, sono allo stesso tempo un modo di proteggere un pendio, diminuire la pendenza dei versanti, rendere più agevole l’area coltivabile, ricostituire il suolo, raccogliere e distribuire l’acqua.