“Dall’opaco”: la Liguria fuori e dentro di noi

Se decidi di venire all’Eremo di Sant’Antonio di Niasca, dove si arriva a piedi in pochi minuti dalla strada provinciale per Portofino, ti invitiamo a leggere questo racconto bellissimo perché ti aiuta a orientarti in una territorio particolare con una forma e una dimensione inconfondibili e inusuali: non per i Liguri o chi la Liguria la frequenta!

Tratto dal libro “La strada di San Giovanni” di Italo Calvino (cresciuto a Sanremo).

E così anche adesso se mi chiedono che forma ha il mondo, se chiedono al me stesso che abita all’interno di me e conserva la prima impronta delle cose, devo rispondere che il mondo è disposto su tanti balconi che irregolarmente s’affacciano su un unico grande balcone che s’apre sul vuoto dell’aria, sul davanzale che è la breve striscia del mare contro il grandissimo cielo, e a quel parapetto ancora s’affaccia il vero me stesso all’interno di me, all’interno del presunto abitante di forme del mondo più complesse o più semplici ma tutte derivate da questa, molto più complesse e nello stesso tempo mol to più semplici in quanto tutte contenute o deducibili da quei primi strapiombi e declivi, da quel mondo di linee spezzate ed oblique tra cui l’orizzonte è l’unica retta continua.

Comincerò allora col dire che il mondo è composto di linee spezzate ed oblique, con segmenti che tendono a sporgere fuori dagli angoli d’ogni gradino, come fanno le agavi che crescono spesso sul ciglio, e con linee verticali ascendenti come le palme che fanno ombra ai giardini o terrazzi sovrastanti a quelli in cui hanno radici, e mi riferisco alle palme del tempo in cui ordinariamente erano alte le palme e basse le case, le case anche loro che tagliano verticalmente la linea dei dislivelli, poggiate mezzo sul gradino di sotto e mezzo su quello di sopra, con due pianterreni uno sotto uno sopra, e così anche adesso che ordinariamente le case sono più alte di qualsiasi palma, e tracciano linee verticali ascendenti più lunghe in mezzo alle linee spezzate e oblique del livello del suolo, resta il fatto che hanno due o più pianterreni e che per molto che s’alzino c’è sempre un livello del suolo più alto dei tetti, cosicché nella forma del mondo che ora sto descrivendo le case appaiono come a chi guarda i tetti dall’alto, la città è una tartaruga là in fondo dal guscio quadrettato e in rilievo, e non perché la vista delle case dal basso non mi sia familiare, anzi posso sempre chiudere gli occhi e sentirmi alle spalle case alte ed oblique quasi senza spessore, ma allora basta una casa a nascondere le altre possibili case, la città più in alto di me non la vedo e non so se ci sia, ogni casa sopra di me è una tavola verticale dipinta di rosa appoggiata alla china, tutti gli spessori si schiacciano in un senso ma non è che nell’altro s’allarghino, le proprietà dello spazio variano a seconda delle direzioni in cui guardo in rapporto al modo in cui mi trovo orientato.

È chiaro che per descrivere la forma del mondo la prima cosa è fissare in quale posizione mi trovo, non dico il posto ma il modo in cui mi trovo orientato, perché il mondo di cui sto parlando ha questo di diverso da altri possibili mondi, che uno sa sempre dove sono il levante e il ponente in tutte le ore di giorno e di notte, e allora comincio col dire che è verso mezzogiorno che io sto guardando, il che equivale a dire che sto con la faccia in direzione del mare, il che equivale a dire che volto al monte le spalle, perché è questa la posizione in cui io di solito sorprendo il me stesso che se ne sta all’interno di me stesso, anche quando il me stesso all’esterno è orientato in tutt’altro modo o non è affatto orientato come spesso succede, in quanto ogni orientamento comincia per me da quell’orientamento iniziale, che implica sempre l’avere sulla sinistra il levante e sulla destra il ponente, e solo a partire di li posso situarmi in rapporto allo spazio, e verificare le proprietà dello spazio e delle sue dimensioni.

Se dunque mi avessero domandato quante dimensioni ha lo spazio, se domandassero a quel me stesso che continua a non sapere le cose che s’imparano per avere un codice di convenzioni in comune con gli altri, e prima tra queste la convenzione secondo la quale ognuno di noi sta all’incrocio di tre dimensioni infinite, infilzato da una dimensione che gli entra nel petto e gli esce dalla schiena, da un’altra che lo trapassa da una spalla all’altra, e da una terza che gli perfora il cranio e gli viene fuori dai piedi, idea che uno accetta dopo molte resistenze e ripulse, ma poi farà finta di averlo sempre saputo perché tutti gli altri fanno finta d’averlo sempre saputo, se dovessi rispondere in base a quanto avevo veramente imparato guardandomi intorno, sulle tre dimensioni che a starci nel mezzo diventano sei, avanti indietro sopra sotto destra sinistra, osservandole come dicevo voltato con la faccia verso mare e verso monte le spalle, la prima cosa da dire è che la dimensione dell’avanti a me non sussiste, in quanto lì sotto comincia subito il vuoto che poi diventa il mare che poi diventa l’orizzonte che poi diventa il cielo, per cui si potrebbe anche dire che la dimensione dell’avanti a me coincide con quella del sopra di me, con la dimensione che a voi tutti esce dal centro del cranio quando state diritti e che si perde subito nel vuoto zenith, poi passerei alla dimensione dell’indietro a me che non va mai molto indietro perché incontra un muro uno scoglio un pendio scosceso o cespuglioso, dico e trovandomi sempre con le spalle al monte cioè a mezzanotte, quindi anche quella dimensione li potrei dire che non sussiste o che si confonde con la dimensione sotterranea del sotto, con la linea che vi dovrebbe uscire dalla pianta dei piedi e invece non esce un bel niente perché tra la suola delle vostre scarpe e l’impiantito non ha spazio materiale per uscire, e poi c’è la dimensione che si prolunga alla sinistra e alla destra e che per me corrisponde più o meno al levante e al ponente, e questa sì che può continuare dalle due parti perché il mondo continua col suo contorno frastagliato cosicché a ogni livello si può tracciare una linea orizzontale immaginaria che taglia la pendenza obliqua del mondo, come quelle che vengono tracciate sulle carte altimetriche e hanno un bellissimo nome, isoipse o come le derivazioni d’acqua che convogliano su cunette orizzontali il magro defluire dei torrenti per irrigare sull’uno o sull’altro versante le fasce di terreno coltivabile ricavate sostenendo il pendio coi muri di pietre ma anche a proseguire lungo questa dimensione non è che si vada molto lontano perché prima o poi sia a levante che a ponente si arriva allo spartiacque di un capo e allora o si considera che la linea si perde nell’aria del cielo confondendosi con la prima dimensione di cui abbiamo parlato, o la si fa continuare dall’altra parte da brava isoipsa seguendo la serie d’insenature e golfi e avvallamenti interni a queste insenature e golfi, fino a incontrare promontori che si spingono nel mare più avanti di altri promontori delimitando golfi più vasti che comprendono i golfi più interni, e così via fino a stabilire che questo sistema di golfi interni ad altri golfi, dorati al mattino e azzurri la sera verso ponente, verdolini al mattino e grigi la sera verso levante, continua così per quanto sono lunghi i mari e le terre, tendendo a inglobare tutto il mare in un unico golfo, per cui tanto vale considerare come forma del mondo quella del golfo che ho davanti ai miei occhi, delimitata dal capo che mi sta a levante e da quello che mi sta a ponente, e se non da un capo da quel qualcosa che ferma la mia vista da una parte e dall’altra, dosso di collina, tronco d’olivo, superficie cilindrica di serbatoio di cemento, siepe di ginestre, araucaria, ombrellone, o quali che siano le due quinte che delimitano il palcoscenico al cui centro io mi trovo, dando le spalle a un alto fondale e fronteggiando la ribalta del luminoso orizzonte… segue nei racconti di Italo Calvino “La strada di San Giovanni”.

Trekking su una via della Transumanza Ligure

promontorio Portofino
Trekking in giornata dal Colle della Spinarola all’Eremo di Sant’Antonio di Niasca
entroterra di Portofino (GE), l’8 ottobre 2023.
Questo percorso nasce come via di Transumanza poi per secoli anche percorso votivo: dal passo della Spinarola attraverso il monte di Portofino, all’Eremo di Sant’Antonio di Niasca.

Sul percorso che scende verso il monte di Portofino dalle alture Liguri, il mare del golfo di Genova è il primo sfondo della nostra bellissima gita

Conoscete il promontorio di Portofino? La antichissima strada consolare romana lo taglia fuori perché rispetto alla linea di costa è un agglomerato roccioso, ripido e impervio che si protende sul mare: per le necessità di spostarsi velocemente verso le periferie dell’impero per i romani era un ostacolo da evitare. Ma se consideriamo il nome antico “Caput muntis” Capodimonte, ci si apre una prospettiva diversa: dall’entroterra verso il mare, dove i crinali dei monti di Genova declinano verso il monte di Portofino, ultima vetta che si affaccia sul golfo Paradiso e sul golfo del Tigullio. Per chi come tantissimi viaggiava a piedi i crinali che evitavano i “sali e scendi” dalle valli, erano un percorso vantaggioso, su cui era facile orientarsi; primi fra tutti a utilizzarlo i pastori che ne fecero un abituale via di transumanza verso pascoli vicino al mare, negli inverni rigidi con le montagne innevate. I monasteri del promontorio di Portofino che avevano ampi possedimenti affittavano questi pascoli, sempre verdi per l’influenza mitigatrice del mare, ai pastori, che transitarono per secoli su questo sentiero che faremo insieme.
In questa gita con la guida di Carlo Capra ripercorreremo l’ultimo tratto di questo percorso da passo della Spinarola all’Eremo di Niasca dove si potrà pernottare, in un rifugio che evoca questi tempi antichi in modo perfetto.!
Il costo è 55€ guida e pulmino al passo della Spinarola: prenotazioni al +39 347 0836713 o carlo@donkeyshome.it
CARATTERISTICHE
Lunghezza percorso: 15,5 km;
dislivello positivo: 570 m;
dislivello negativo: 1030 m;
5,30 di cammino
PROGRAMMA
Orario di ritrovo: 8.00 in Piazza Vittorio Veneto a Santa Margherita Ligure, vicino al chiosco dell’info point e dal mosaico a margherita; per facilitare il riconoscimento Carlo avrà una bandana rossa;
trasporto col pulmino al Passo della Spinarola, circa 40 minuti di viaggio; arrivo all’Eremo di Sant’Antonio di Niasca alle ore 17 nell’entroterra di Portofino (GE).
Qui si può cenare e pernottare nel rifugio escursionistico
al +39 380 1563777 o niasca@eremosantantonio.it
I prezzi li trovate qui https://eremosantantonio.it/prezzi/

Su una via della Transumanza Ligure

promontorio Portofino

Trekking in giornata dal Colle della Spinarola all’Eremo di Sant’Antonio di Niasca
entroterra di Portofino (GE), il 27 maggio2023.

Questo percorso nasce come via di Transumanza poi per secoli anche percorso votivo: dal passo della Spinarola attraverso il monte di Portofino, all’Eremo di Sant’Antonio di Niasca

Sul percorso che scende verso il monte di Portofino dalle alture Liguri, il mare del golfo di Genova è il primo sfondo della nostra bellissima gita

Transumanza Ligure 9

Conoscete il promontorio di Portofino? La antichissima strada consolare romana lo taglia fuori perché rispetto alla linea di costa è un agglomerato roccioso, ripido e impervio che si protende sul mare: per le necessità di spostarsi velocemente verso le periferie dell’impero per i romani era un ostacolo da evitare. Ma se consideriamo il nome antico “Caput muntis” Capodimonte, ci si apre una prospettiva diversa: dall’entroterra verso il mare, dove i crinali dei monti di Genova declinano verso il monte di Portofino, ultima vetta che si affaccia sul sul golfo Paradiso sul golfo del Tigullio. Per chi come tantissimi viaggiava a piedi i crinali che evitavano i “sali e scendi” dalle valli, erano un percorso vantaggioso, su cui era facile orientarsi; primi fra tutti a utilizzarlo i pastori che ne fecero un abituale via di transumanza verso pascoli vicino al mare, negli inverni rigidi con le montagne innevate. I monasteri del promontorio di Portofino che avevano ampi possedimenti affittavano questi pascoli, sempre verdi per l’influenza mitigatrice del mare, ai pastori, che transitarono per secoli su questo sentiero che faremo insieme.
In questa gita con la guida di Carlo Capra ripercorreremo l’ultimo tratto di questo percorso da passo della Spinarola all’Eremo di Niasca dove si potrà pernottare, in un rifugio che evoca questi tempi antichi in modo perfetto.!

Il costo è 55€ guida e pulmino al passo della Spinarola: prenotazioni al +39 347 0836713 o carlo@donkeyshome.it

CARATTERISTICHE
Lunghezza percorso: 15 km;

dislivello positivo: 496 m;

dislivello negativo: 945 m;
5,30 di cammino
PROGRAMMA
Orario di ritrovo: 8.30 in Piazza Vittorio Veneto a Santa Margherita Ligure, vicino al chiosco dell’info point e dal mosaico a margherita; per facilitare il riconoscimento Carlo avrà una bandana rossa;
trasporto col pulmino al Passo della Spinarola, circa 40 minuti di viaggio; arrivo all’Eremo di Sant’Antonio di Niasca alle ore 17 nell’entroterra di Portofino (GE).
Qui si può cenare e pernottarenel rifugio escursionistico
https://bookonline.pro/it/properties/90130
o contattandoci al +39 380 1563777 o niasca@eremosantantonio.it
I prezzi li trovate qui https://eremosantantonio.it/prezzi/

 

Di quanta acqua abbiamo bisogno?


In passato era molto più evidente questo bisogno primario d’acqua e gli insediamenti erano scelti accuratamente vicino a fonti d’acqua: non a caso l’Eremo di Sant’Antonio di Niasca ha sia il fiume che una sorgente a pochi metri. Allora l’uso era molto più accorto e si aveva la precisa percezione della preziosità dell’acqua sia per usi domestici, sia per l’agricoltura, sia per produrre “lavoro”, cioè energia attraverso la ruota del mulino che trasmetteva il movimento per far girare le macine.

E OGGI? L’impronta idrica della produzione in Italia è circa 70 miliardi di m3 di acqua l’anno. L’agricoltura è il settore più assetato d’Italia con l’85% dell’impronta idrica della produzione, comprendendo l’uso di acqua per la produzione di colture per l’alimentazione umana, al mangime per il bestiame (75%) e per pascolo e allevamento (10%). Il restante 15% dell’impronta idrica della produzione è suddiviso tra produzione industriale (8%) e uso domestico (7%).

L’impronta idrica dei consumi in Italia è di circa 132 miliardi di m3 di acqua l’anno (oltre 6mila litri pro capite al giorno) e comprende anche l’acqua nei beni importati. Da solo, il consumo di cibo (che include sia prodotti agricoli sia di origine animale) contribuisce all’89% dell’impronta idrica totale giornaliera degli italiani.

Il consumo di acqua per usi domestici (per pulire, cucinare, bere, etc.) è solo il 4 % dell’acqua che consumiamo ogni giorno, mentre l’acqua “incorporata” nei prodotti industriali rappresenta il 7%. I prodotti di origine animale (compresi latte, uova, carne e grassi animali) rappresentano quasi il 50% dell’impronta idrica totale dei consumi in Italia. Il consumo di carne, da solo, contribuisce a un terzo dell’impronta idrica totale.

La consapevolezza di questi dati ci hanno stimolato a progettare degli accorgimenti per il nostro (per ora) piccolo orto, che usa solo l’acqua del fiume; e per l’uso domestico dove abbiamo fatto l’impianto in modo tale da non usare acqua potabile nelle cassette dei gabinetti. Ma abbiamo moltissime altre idee in testa!

Fonte: @wwfitalia @wwf @wwf_lombardia

all’Eremo di Sant’Antonio di Niasca meccanismi di molitura per olive, castagne, cortecce per colorare le reti da pesca,

Verso la valletta di Niasca: piante autoctone e alloctone

Il promontorio di Portofino è un concentrato fantastico di biodiversità:
la valletta di Niasca, dall’Eremo di Sant’Antonio dietro Paraggi, ancora di più! Con una guida che ci aiuterà a osservare questi aspetti, vi invitiamo a una bellissima gita, da Nozarego all’Eremo, dove sarà possibile pranzare comodamente. L’escursione è gratuita a cura del Parco di Portofino (escluso il pranzo).

Ci vediamo a Nozarego alle 9.00 con Giulia Pastorino, che ci guida: per aiutarci nella gestione prenotatevi al +39 380 1563777

Forse non sai che questo territorio è quasi un monte Athos ligure

Questa sezione è dedicata alla sensibilità medioevale che percepiva l’esistenza di Dio dalla bellezza del creato. Allora monaci contadini hanno trovato sul Monte di Portofino un approdo ideale per lo studio, la preghiera ma anche il durissimo lavoro di un’agricoltura eroica.
Frate Andrea dell’Eremo di Sant’Antonio e Frate Benedetto dell’Abbazia di San Fruttuoso (1349)

Monaci, chierici, eremiti e pellegrini trovarono nel medioevo un approdo ideale per la loro spiritualità, e vi fondarono monasteri, chiese, cappelle e vissero in grotte adattate a luoghi di preghiera contemplativa e solitaria.
Un passo dopo l’altro sui sentieri da loro battuti, raggiungendo cinque monumenti puoi riscoprire lo spirito degli uomini che li costruirono e li animarono con i loro ideali, con i loro progetti, con la loro visione del mondo e di Dio.