CENA E LETTERATURA IMMERSI NELLA NATURA

DI TERRA E DI MARE è il tema di questa cena in cui ogni portata è inframmezzata da letture: due modi d’essere della Natura e più modi diversi di scriverla. Un viaggio fatto di letture fra onde e cammini, creste e traversate vele e orizzonti, scelte, lette e commentate da Gian Luca Favetto. Non sarà una semplice lettura: le parole di Favetto risuoneranno nel silenzio della natura, svelandoti il legame fra l’uomo la terra e il mare. Favetto è un profondo conoscitore e appassionato di letteratura, scrittore, drammaturgo e critico teatrale, che sostiene: “Leggere a voce alta è meglio, perché meglio e più

profondamente risuona dentro di noi l’esperienza in forma di lettura”. Questa è un’occasione speciale per riscoprire il piacere di ascoltare storie e farle tue, in un luogo che evoca bellezza, tranquillità e riflessione

L’esperienza include la cena e il breve viaggio letterario, tutto al costo di 50€.

I posti sono limitati: non perdere l’occasione!

Prenotazioni al ‭+39 380 1563777‬ oppure niasca@eremosantantonio.it

Come raggiungerci?

  • Arriva in treno a Santa Margherita Ligure.
  • Prendi il bus 782 per Portofino e scendi alla fermata di Niasca.
  • Da lì, ti aspetta una breve e piacevole salita di 15 minuti a piedi che ti porterà all’Eremo di Sant’Antonio.

Per tutte le info, clicca qui: https://bit.ly/all_Eremo

Origini storiche dell’Eremo di Sant’Antonio di Niasca

”Un luogo più adatto per un eremitaggio della valletta di Niasca, non è immaginabile“ dal libro fotografico “La mia dimora Ligure del Barone Alfons von Mumm (Berlino 1915)

Nei primi anni del ‘300 un uomo di Capodimonte, Nicolò di “Traversaria”, si ritira nella valle di Niasca per vivere una scelta di preghiera e di lavoro. Vive coltivando i terreni rurali, che nel 1312 lascia in eredità a un uomo di fiducia, Giovannino da Chiavari. Nel 1318 Giovannino si accorda con altri due “fratres”, Luchino e Guglielmo, che a propria volta dispongono di altra terra ed edifici tra cui ”una certa chiesetta” intitolata a sant’Antonio Abate, intorno a cui si sviluppa un piccolo centro economico, col suo mulino, il frantoio, la sorgente, un rapido accesso al mare per la pesca, e le coltivazioni di ulivi e alberi da frutta.   L’impegno della piccola comunità, secondo la volontà di Nicolò è la dedizione alla preghiera e al lavoro, per la salvezza delle loro anime. Le terre di Sant’Antonio fruttano grazie a una manodopera a costo zero e a scarse esigenze di consumo: alla metà del XV secolo, quando compare come possono accordare prestiti in denaro e in natura ai vicini bisognosi.

Qualche decennio dopo la chiesa di Sant’Antonio è gestita da Andrea, un uomo molto dinamico, che si definisce “frater e prior ecclesiae Sancti Anthoni de Niascha”. Non ha nulla di personale, ma dispone per la chiesetta tutto il necessario, olive, olio, barili di sardine, attrezzi di lavoro, da pesca, da cucina. Il 3 febbraio 1348 nel suo testameto si preoccupa che i beni della chiesa non vadano dispersi dopo la sua morte e chiede di essere sepolto si preoccupa che i beni della chiesa non vadano dispersi dopo la sua morte e chiede di essere sepolto lì.

 

Dopo di lui non si hanno più notizie dell’Eremo alla metà del XV secolo, quando compare come possedimento dell’abbazia della Cervara; ma gli stessi monaci sembrano già averne perso memoria nel XVI, quando l’autore anonimo del “Tesoro della Cervara”
ammette di non trovare alcuna scrittura che lo illumini sulla storia di quel luogo, tranne i primi documenti.

Siccità: idee antiche per un futuro sostenibile

Le scoperte di Alula in Arabia Saudita ispirano l’attualissima lotta alla siccità e alla desertificazione. Volentieri pubblichiamo un’iniziativa molto interessante di Ipogea che si occupa di progettare con le conoscenze tradizionali e il loro uso innovativo

Il pozzo prestorico di Alula (Arabia Saudita) che rivela un sistema idrico sotteraneo antichissimo

L’articolo della rivista  “Archeologia Viva” sui lavori dello Scavo del Pozzo Madre effettuati da IPOGEA.

In Arabia Saudita, un progetto archeologico coordinato da Pietro Laureano e condotto da IPOGEA e Simone Mantellini per l’Università di Bologna ha portato alla luce scoperte rivoluzionarie nel Qanat di Ayn Tidil, situato nell’oasi storica di Alula. Questo scavo ha rivelato antichi sistemi idrici tra cui i condotti verticali in pietra di un qanat, galleria drenante sotterranea che produce l’acqua per le oasi, parte di una rete idrica più complessa. Infatti ulteriore scoperta e caso unico nello studio sui qanat è che questo insiste sull’invaso di un grande pozzo più arcaico a cielo aperto. Il ritrovamento e la connessione di questo impluvio con graffiti rupestri e strutture di pietra poste lungo le pendenze e il pianoro dell’altopiano sovrastante indicando tecniche avanzate di gestione dell’acqua da parte delle antiche civiltà della regione. Le evidenze mostrano la presenza umana fin dal periodo preistorico, con la civiltà che sviluppava metodi ingegnosi per la raccolta e la gestione dell’acqua. Queste scoperte non solo rivelano la storia di Alula, ma offrono anche soluzioni innovative per affrontare la siccità e la desertificazione attuali, ispirandosi alle tecniche antiche per una gestione sostenibile delle risorse idriche.

PRESENTAZIONE DEL LIBRO “PIANTE DI STRADA ERBARIO DI GENOVA tra muri, creûze e marciapiedi”

erbario genovese

Erbario

Percorrendo le vie di Genova alla ricerca di piante selvatiche non era raro attirare sguardi interrogativi, spesso un pò sospettosi, dei passanti: che cosa potevano cercare due persone munite di taccuino, matita, guanti e sacchetti? Qualcuno ogni tanto vedendoci estirpare qualche pianta, esclamava: finalmente si sono decisi a eliminare tutte queste erbacce!”.

Basta un piccolo accumulo di terreno tra il marciapiede e il muro, o uno spazio un pò più ampio fra un lastrone e l’altro, affinché il verde prenda il sopravvento, con la comparsa di cinque o dieci specie diverse in pochi decimetri quadrati.

Tutto questo è di solito ignorato o, peggio, percepito come disordine; e pensare che durante la nostra indagine – solo rimanendo nei confini delle zone a più elevata densità abitativa – abbiamo reperito più di 4000 specie diverse!

VI ASPETTIAMO CON L’AUTORE!
Sembra buffo presentare nel Parco Naturale di Portofino un libro nato dal desiderio di annotare le forme di vita soffocate dal cemento cittadino, che però ce la fanno comunque! Qui, nei dintorni dell’Eremo di Sant’Antonio di Niasca (entroterra di Portofino), la natura si esprime in totale libertà nel suo habitat.
Ma un giro a scoprire queste piante, le loro doti e caratteristiche ci permetterà di passare una bella giornata nella natura, in un posto speciale.
La prefazione del libro della Prof.ssa Giuseppina Barberis si intitola “Dal disordine alla bellezza”…ma qui il disordine della natura è subito BELLEZZA!
Gli autori Mariasole e Mario Calbi ci porteranno a riconoscere un pò di piante nei dintorni dell’Eremo, e ci racconteranno del libro meravigliosamente illustrato!

Ruscellamento delle acque sul monte di Portofino

Non abbiamo niente in contrario alle biciclette anzi.. ma pubblichiamo questo intervento uscito il 22/9/2023 su Levante news perché ci interessa il focus sulla gestione delle acque: concetto uscito dai radar dell’umanità, ma che la natura invece, di per sé, gestirebbe benissimo: consapevolezza e attenzione delle nostre azioni sul nostro monte, sono la base della sua tutela.

Buongiorno a tutti Voi,
abito sul Monte di Portofino da molto tempo, potrei dirmi cresciuto con lui. Non ho la sua stessa età, ma stiamo insieme da forse un milione di anni, da quando sono nato e rapidamente cresciuto, sotto una rigogliosa vegetazione, calore e pioggia tropicali.

Poi il clima si è fatto temperato e mi sono adattato alle nuove condizioni, ho rallentato i miei ritmi di crescita e modificato il mio aspetto: se prima ero altissimo, morbido e rubicondo, adesso mi sono assottigliato e imbrunito, rischio di scomparire.
Quando mi sono formato, le temperature elevate e le piogge copiose facevano crescere lussureggianti foreste, che mi proteggevano ed alimentavano senza sosta; la roccia scompariva rapidamente sotto di me trasformandomi in una coltre morbida e nutriente per le radici e gli organismi viventi. Nell’epoca attuale e da quasi dodicimila anni, l’ambiente dove sto è cambiato: le temperature sono miti, le piogge meno abbondanti, il bosco deciduo ha sostituito le foresta sempreverde. Così non riesco più a trasformare rapidamente e profondamente come prima il materiale da cui traggo origine e cresco ben più lentamente. Devo ringraziare il bosco se sono ancora qui e posso ancora ospitare piante e animali, assorbire e depurare l’acqua piovana e alimentare le tante sorgenti del Monte, evitando che finisca dritta in mare: se fosse stato tagliato e sostituito da strade e da case, mi sarei e mi avreste perso per sempre. Invece, proteggendo il Monte dal pascolo e dai tagli boschivi, Vi siete garantiti lo sfruttamento di una risorsa ben più importante e vitale : l’acqua per bere e lavare, per azionare i mulini, per coltivare in ogni periodo dell’anno. Voi non eravate ancora nati, ma stando qui ho assistito a vere e proprie guerre tra le popolazioni del Monte per accaparrarsi le migliori sorgenti; molti insediamenti, come San Fruttuoso, non sarebbero esistiti se non avessero potuto contare sulla mia acqua. E non parlo di storia passata, perché ancora adesso la fornisco a Santa Margherita, a Portofino e a Camogli.

Come faccio? E’ molto semplice: quando piove le fronde, i rami, i cespugli e l’erba rallentano la caduta delle gocce d’acqua, così che non mi scavino e portino via e io possa filtrarla, assorbirla e conservarla dentro di me sino a raggiungere le profondità rocciose, sottraendola al ruscellamento e all’evaporazione. Io, o meglio quello che di me resta di quando mi sono formato, e la roccia sottostante siamo un immenso serbatoio nascosto, che alimenta sorgenti perenni a tutte le quote e anche sottomarine! Qual è il mio segreto, cosa mi rende unico? Avere avuto origine in condizioni diverse da ora, che mi hanno reso molto profondo, poroso e di essermi conservato nel tempo, seppure non del tutto ed ovunque. Sono rimasto in una limitata zona del Monte, dove l’erosione non mi ha portato via, sulla sua sommità o a Terra Rossa, che prende il nome da me. Insomma sono un fossile vivente, sono ciò che resta di epoche passate, ma svolgo ancora tutte le mie funzioni vitali. Anzi, in tempi recenti ho acquisito ancora più importanza, per il ruolo che rivesto contro il cambiamento climatico causato dalle emissioni umane di anidride carbonica. Devo infatti alle mie antiche origini, se sono un eccezionale serbatoio di Carbonio, capace di inglobare e trasformare la materia organica, sottraendola all’atmosfera come nessun altro.
Quanto scrivo non lo dico io, ma autorevoli studi scientifici, cui ho motivo di credere, e non lo faccio per darmi importanza, ma per paura. Ho resistito al tempo, ai cambiamenti climatici, alle guerre, ma adesso sto male. Mi sento ignorato. Come se tutto il bene che ho procurato sino ad ora non contasse niente. Proprio quando sembra si voglia elevare il livello di protezione del Monte di Portofino da Parco regionale a nazionale, il cuore del cuore del Monte e cioè dove sono io, viene usato in modo da perdermi per sempre e quasi rimpiango il tempo in cui mi rubavano e vendevano a sacchi per i giardini delle ville di Portofino e almeno per qualcuno valevo.

Da qualche tempo vengo scavato da un reticolo chilometrico di solchi, sempre più profondi e ripidi, dove oltre alle ruote delle mountain bikes si incanala l’acqua piovana, che mi trascina inesorabilmente con sé. Non so per quanto ancora potrò resistere, sempre più debole e poco, quando il dolore di essere buttato via avrà la meglio su di me.
Vostro Cutanic Acrisol.

*Dietro questo pseudonimo un grande personaggio e studioso che conosce perfettamente la materia e sa esporre la situazione e i rischi con un linguaggio semplice, comprensibile a tutti

Non sappiamo dirvi chi è!
 

Workshop: stampa botanica su tessuto 2a data

Workshop ecoprinting 2La stampa botanica è una tecnica derivata dalla tintura naturale che utilizza elementi vegetali (foglie, fiori, bacche, radici ecc.) per realizzare stampe su tessuti, carta e altri tipi di supporto. Sono gli elementi vegetali stessi a rilasciare i loro colori sul supporto, imprimendo stabilmente la propria impronta, con speciali accorgimenti.

Nel workshop imparerai passo passo come realizzare stampe 100% naturali partendo dallo studio delle fibre (animali e vegetali), passando per l’osservazione delle specie arboree del territorio. Sperimenterai ogni passaggio della stampa naturale su tessuto.

Il prezzo include il pranzo e due sciarpe che porterai a casa stampate da te. I materiali funzionali al workshop di stampa naturale saranno forniti dal Carolina Tonini.

Info e prenotazioni ‭+39 351 7231090

ATTREZZATURA PERSONALE: guanti in lattice sottili, grembiule (o abbigliamento da lavoro), carta e penna per appunti, forbici.

PROGRAMMA:

10 .00 – 12.30 – introduzione, la mordenzatura, passeggiata botanica e raccolta vegetali, composizione e preparazione stampa;

12.30 – 14.30 – stampa (questa fase, per la quale sono necessarie ca. 2 h di cottura, (in concomitanza con la pausa pranzo)

14.30 – 17.00 – apertura stampe, la manutenzione e considerazioni finali

IL WORKSHOP è gestito da Carolina Tonini (cel. ‭+39 351 7231090), classe 1991, diploma all’Accademia Ligustica di Belle Arti in Scenografia e Costume per lo Spettacolo; lavora dal 2015 come costumista e sarta collaborando con diverse realtà teatrali italiane.

Dal 2019 si dedica allo studio e alla pratica della tintura naturale e dell’eco-printing; nel 2020 da vita al progetto Naturalia e tiene workshop per adulti e bambini, giocando e creando con i colori della natura.

Recupero del sistema idrico-storico dell’Eremo di Sant’Antonio di Niasca attraverso i muri a secco

Dimostrare che il muretto a secco, se costruito “a regola d’arte”, è un manufatto duraturo, strutturale e non fragile come la cultura “grigia” del cemento lo vuol far passare: in Liguria siamo circondati da muretti secolari perfetti! Su questa idea abbiamo fatto molta strada ed ecco il progetto AQUAE che abbiamo presentato per il bando PNRR “Protezione e valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale”, un antidoto alla siccità.

L’idea è recuperare le acque, non solo dalle falde dei tetti, dal fiume e dalla sorgente, ma anche dal drenaggio dei muretti a secco, raccogliendola nei periodi piovosi e conservandola nella cisterna dell’Eremo per l’irrigazione nei mesi estivi.

Al contrario dei manufatti in cemento i terrazzamenti di “muri a secco”, oltre al recupero della superficie coltivabile e la miglior preservazione del suolo, hanno una fondamentale funzione idrogeologica, con il rallentamento delle piogge improvvise e abbondanti.
Il progetto mira a diversificare gli approvvigionamenti di acqua e studiarne l’efficenza; generare un primo modello sperimentale di muretti a secco e divulgarlo per fare un passo avanti nella cura del paesaggio e nella gestione accurata della risorsa idrica nei paesaggi terrazzati.

Progetto AQUAE: inquadramento territoriale
Progetto AQUAE: stato attuale
Progetto AQUAE: Posizionamento muri a secco- captazione acque drenate, sorgive, meteoriche

Di quanta acqua abbiamo bisogno?


In passato era molto più evidente questo bisogno primario d’acqua e gli insediamenti erano scelti accuratamente vicino a fonti d’acqua: non a caso l’Eremo di Sant’Antonio di Niasca ha sia il fiume che una sorgente a pochi metri. Allora l’uso era molto più accorto e si aveva la precisa percezione della preziosità dell’acqua sia per usi domestici, sia per l’agricoltura, sia per produrre “lavoro”, cioè energia attraverso la ruota del mulino che trasmetteva il movimento per far girare le macine.

E OGGI? L’impronta idrica della produzione in Italia è circa 70 miliardi di m3 di acqua l’anno. L’agricoltura è il settore più assetato d’Italia con l’85% dell’impronta idrica della produzione, comprendendo l’uso di acqua per la produzione di colture per l’alimentazione umana, al mangime per il bestiame (75%) e per pascolo e allevamento (10%). Il restante 15% dell’impronta idrica della produzione è suddiviso tra produzione industriale (8%) e uso domestico (7%).

L’impronta idrica dei consumi in Italia è di circa 132 miliardi di m3 di acqua l’anno (oltre 6mila litri pro capite al giorno) e comprende anche l’acqua nei beni importati. Da solo, il consumo di cibo (che include sia prodotti agricoli sia di origine animale) contribuisce all’89% dell’impronta idrica totale giornaliera degli italiani.

Il consumo di acqua per usi domestici (per pulire, cucinare, bere, etc.) è solo il 4 % dell’acqua che consumiamo ogni giorno, mentre l’acqua “incorporata” nei prodotti industriali rappresenta il 7%. I prodotti di origine animale (compresi latte, uova, carne e grassi animali) rappresentano quasi il 50% dell’impronta idrica totale dei consumi in Italia. Il consumo di carne, da solo, contribuisce a un terzo dell’impronta idrica totale.

La consapevolezza di questi dati ci hanno stimolato a progettare degli accorgimenti per il nostro (per ora) piccolo orto, che usa solo l’acqua del fiume; e per l’uso domestico dove abbiamo fatto l’impianto in modo tale da non usare acqua potabile nelle cassette dei gabinetti. Ma abbiamo moltissime altre idee in testa!

Fonte: @wwfitalia @wwf @wwf_lombardia

all’Eremo di Sant’Antonio di Niasca meccanismi di molitura per olive, castagne, cortecce per colorare le reti da pesca,