Origini storiche dell’Eremo di Sant’Antonio di Niasca

”Un luogo più adatto per un eremitaggio della valletta di Niasca, non è immaginabile“ dal libro fotografico “La mia dimora Ligure del Barone Alfons von Mumm (Berlino 1915)

Nei primi anni del ‘300 un uomo di Capodimonte, Nicolò di “Traversaria”, si ritira nella valle di Niasca per vivere una scelta di preghiera e di lavoro. Vive coltivando i terreni rurali, che nel 1312 lascia in eredità a un uomo di fiducia, Giovannino da Chiavari. Nel 1318 Giovannino si accorda con altri due “fratres”, Luchino e Guglielmo, che a propria volta dispongono di altra terra ed edifici tra cui ”una certa chiesetta” intitolata a sant’Antonio Abate, intorno a cui si sviluppa un piccolo centro economico, col suo mulino, il frantoio, la sorgente, un rapido accesso al mare per la pesca, e le coltivazioni di ulivi e alberi da frutta.   L’impegno della piccola comunità, secondo la volontà di Nicolò è la dedizione alla preghiera e al lavoro, per la salvezza delle loro anime. Le terre di Sant’Antonio fruttano grazie a una manodopera a costo zero e a scarse esigenze di consumo: alla metà del XV secolo, quando compare come possono accordare prestiti in denaro e in natura ai vicini bisognosi.

Qualche decennio dopo la chiesa di Sant’Antonio è gestita da Andrea, un uomo molto dinamico, che si definisce “frater e prior ecclesiae Sancti Anthoni de Niascha”. Non ha nulla di personale, ma dispone per la chiesetta tutto il necessario, olive, olio, barili di sardine, attrezzi di lavoro, da pesca, da cucina. Il 3 febbraio 1348 nel suo testameto si preoccupa che i beni della chiesa non vadano dispersi dopo la sua morte e chiede di essere sepolto si preoccupa che i beni della chiesa non vadano dispersi dopo la sua morte e chiede di essere sepolto lì.

 

Dopo di lui non si hanno più notizie dell’Eremo alla metà del XV secolo, quando compare come possedimento dell’abbazia della Cervara; ma gli stessi monaci sembrano già averne perso memoria nel XVI, quando l’autore anonimo del “Tesoro della Cervara”
ammette di non trovare alcuna scrittura che lo illumini sulla storia di quel luogo, tranne i primi documenti.

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